22/04/10

PERSONALE ATA SUPPLENTE

Si applica anche a questo personale la recente interpretazione autentica dell'articolo 37. comma 3 del CCNL 24/7/2003 chiesta dal Giudice del Lavoro di Messina, infatti l'articolo 59 espressamente richiama l'applicazione dell'articolo 37 per i commi che vanno dal 2 al 7.

leggi gli articoli, l'interpretazione autentica ed il commento

ART.59 – RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO PERSONALE ATA

1. Al personale di cui al presente articolo, si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 7 dell'art. 37.
2. Le domeniche e le festività infrasettimanali ricadenti nel periodo di durata del rapporto medesimo, sono retribuite e da computarsi nell'anzianità di servizio.
3. In nessun caso il rapporto di lavoro a tempo determinato può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO PERSONALE DOCENTE

ART. 37 - RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO PERSONALE DOCENTE

1. Al personale di cui al presente articolo, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3, e 4 dell'art. 23.
2. Nei casi di assunzione in sostituzione di personale assente, nel contratto individuale è specificato per iscritto il nominativo del dipendente sostituito.
3. In tali casi, qualora il docente titolare si assenti in un'unica soluzione a decorrere da una data anteriore di almeno sette giorni all'inizio di un periodo predeterminato di sospensione delle lezioni e fino a una data non inferiore a sette giorni successivi a quello di ripresa delle lezioni, il rapporto di lavoro a tempo determinato è costituito per l'intera durata dell'assenza.
Le domeniche, le festività infrasettimanali e il giorno libero dell'attività di insegnamento, ricadenti nel periodo di durata del rapporto medesimo, sono retribuite e da computarsi nell'anzianità di servizio.
4. In nessun caso il rapporto di lavoro a tempo determinato può trasformarsi in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
5. Gli insegnanti di religione cattolica vengono assunti secondo la disciplina di cui all'art. 309 del D.lgs. n. 297 del 1994, mediante contratto di incarico annuale che si intende confermato qualora permangano le condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge.
6.Il rapporto di lavoro del personale di cui al precedente comma viene costituito, secondo quanto previsto nei punti 2.3., 2.4, 2.5. del D.P.R. 16 dicembre 1985, n.751, possibilmente in modo da pervenire gradualmente a configurare, limitatamente alle ore che si rendano disponibili, posti costituiti da un numero di ore corrispondente all'orario d'obbligo previsto, in ciascun tipo di scuola, per i docenti assunti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
7. Il personale di cui al presente articolo, con orario settimanale inferiore alla cattedra oraria, ha diritto, in presenza della disponibilità delle relative ore, al completamento o, comunque, all'elevazione del medesimo orario settimanale.

INTERPRETAZIONE AUTENTICA ART.37,c.3, CCNL 24/7/2003

SE IL TITOLARE, ANCHE CON MOTIVAZIONI DIVERSE, NON RIENTRA IN SERVIZIO, IL SUPPLENTE DEVE ESSERE PAGATO NEI PERIODI DI INTERRUZIONE DELL’ATTIVITA’ DIDATTICA

E’ quanto hanno stabilito le OO.SS., firmatarie del CCNL e l’ARAN con una interpretazione autentica, chiesta dal Giudice del Lavoro di Messina, a causa del del ricorso patrocinato dalla UIL Scuola di Messina a favore di una supplente alla quale non era stato riconosciuto il servizio, giuridico ed economico, in costanza di lavoro, sette giorni prima dell’inizio delle vacanze e sette giorni dopo la fine delle vacanze Natalizie.
Il tutto dopo che il docente titolare di cattedra di un Istituto secondario di secondo grado di Messina si è assentato per un lungo periodo (maternità) e con diverse certificazioni e motivazioni.
Una di queste certificazioni cadeva entro il periodo di sospensione delle lezioni per le vacanze natalizie.
Il supplente nominato per sostituire il titolare assente ha svolto il proprio servizio, senza soluzione di continuità, per tutto il periodo nel quale ricadevano anche le vacanze natalizie. La Scuola aveva negato il pagamento del servizio, relativamente al periodo delle vacanze, per il fatto che il certificato, giustificativo dell’assenza del titolare, scadeva nel mezzo del periodo di vacanza, facendo venire meno, a parere della scuola e dall’Avvocatura dello Stato di Messina, il requisito “dell’unica soluzione” dell’intera durata dell’assenza.
Le OO.SS. e l’ARAN, come sempre affermato dalla UIL Scuola che ha patrocinato il ricorso, hanno, invece, chiarito che il servizio, svolto senza soluzione di continuità, è quello relativo all’elemento oggettivo, riferito al servizio del supplente, ovvero all’assenza del titolare e non a quello relativo all’unico certificato che, a parere dell’Amministrazione, avrebbe giustificato il pagamento.

Questa interpretazione autentica, resa ai sensi dell’art.64 del d.lgs. n. 165/2001, che oltre il caso specifico, assume valenza generale, avendo anche valore retroattivo, ha finalmente risolto in maniera definitiva una questione che si ripeteva ad ogni anno, in occasione delle vacanze previste dai rispettivi calendari scolastici, regionali.

IL TESTO DELL’INTEPRETAZIONE AUTENTICA:

“Premesso che il Tribunale Civile di Messina - Sezione Lavoro - in relazione alla causa di lavoro R.G. n: 4662/2004, con ordinanza del 2.2.2006 ha ritenuto che per poter definire la controversia di cui al giudizio le parti firmatarie del CCNL del 24/7/2003 del comparto scuola debbano esprimersi sul se l’espressione letterale”si assenti in un’unica soluzione” dell’art.37,comma3, del predetto contratto vada estesa a qualunque ipotesi in cui l’assenza, ancorché rapportabile a più richieste temporalmente distanziate, sia comunque priva di soluzione di continuità.
Considerato che quanto sopra sostanzia una richiesta di interpretazione autentica da rendere ai sensi dell’art.64 del d.lgs.n.65/2001.
Le parti firmatarie del relativo CCNL, sottoscrivono il seguente accordo di interpretazione autentica nel testo che segue:

L’art.37, comma 3, del CCNL del 24/7/2003 del comparto scuola prevede che, nella costituzione del rapporto di lavoro del personale assunto a tempo determinato, vada computato il periodo intercorrente la sospensione delle lezioni, qualora l’assenza del docente titolare venga effettuata senza soluzione di continuità, per uno spazio temporale che inizi da una data anteriore di almeno 7 giorni la sospensione delle lezioni e cessi ad una data non inferiore a 7 giorni successivi la ripresa delle medesime. Rileva, pertanto,esclusivamente l’oggettiva sussistenza delle predette circostanze, unitamente all’oggettiva e continuativa assenza del titolare, indipendentemente dalle sottostanti procedure giustificative dell’assenza del titolare medesimo”.

Mi sembra vergognoso che il lavoratore dello Stato debba difendersi dallo stesso Stato che dovrebbe essere il difensore dei diritti dei propri cittadini. In questa vicenda sono inclusi insegnanti che lavorano a migliaia di chilometri dalla propria sede di residenza, il che significa che vengono sostenute spese che annullano apriori il guadagno derivato dal lavoro stesso. Ma questo allo Stato non importa, non si cura delle proprie risorse umane, cercando di detrarre dal loro stipendio anche i giorni in oggetto, mentre l'insegnante è costretto a rimanere molto spesso lontano dalla propria famiglia, sopratutto per l'insostenibilità delle spese di viaggio, anche durante le vacanze in occasione di grandi ricorrenze festive e religiose.

18/04/10

Ordinamento interno della Chiesa nelle origini. *

"Molti individui possono vivere in società soltanto se uno di loro presiede e si prende cura del bene comune; molti individui tendono infatti di per sé a molte cose, mentre un unico individuo persegue un unico fine" (Tommaso D'Aquino, S. Thed. I,96,4).
legge di tutti gli organismi viventi superiori che permette loro di sopravvivere è che progredendo in età acquistino una forma esterna sempre più robusta che permetta loro sostegno e protezione.
In una società di uomini, a questa forma esterna appartiene l'autorità e il potere.

- Il carattere di servizio della gerarchia nella Chiesa-
Gesù ha detto di essere venuto "non per essere servito ma per servire"; e vuole che così come ha fatto Lui faccia la Chiesa che lo prolunga.
La Chiesa tutta deve essere in stato di servizio ma in modo particolare la gerarchia.
La gerarchia esiste non per dominare, ma per essere "sacramento" di Dio che vuol salvare tutti; per sostituire Cristo, per comportarsi come si sarebbe comportato lui se fosse al nostro posto e ciò per condurre le anime alla vera libertà dal peccato, dalla morte, dalla carne e dalla legge.
O meglio ancora: l'autorità c'é per portare le anime all'amore di verità che rende liberi. La gerarchia é un potere nella Chiesa che é da esercitare solo se mossi da amore.
E' significativo notare che nel Nuovo Testamento che non vengono utilizzati quasi mai i termini profani "ordine", "dignità", "principio" e ancora meno"poteri", "autorità", "comando" e viene invece quasi sempre utilizzata la parola "diaconia" che significa ministero e servizio non per necessità ma per amore.
Cristo stesso rovesciò il concetto del termine di autorità, dicendo: "Se uno vuol essere il primo, deve essere l'ultimo di tutti ed il servo di tutti" (Mc 9,33).
L'autorità non è qualcosa di proprio, ma un servizio da esercitare a nome di Cristo.
Gesù stesso dà l'esempio del servizio nell'ultima cena, lavando i piedi.
Così come fece lui debbono fare i suoi ministri.
Il Concilio Vaticano II ha posto tutta la Chiesa in stato di servizio.
"I ministri... che sono rivestiti di sacra potestà, sono servi dei loro fratelli perché tutti coloro che appartengono al popolo di Dio, e perciò hanno una vera dignità cristiana, tendano liberamente e ordinariamente allo stesso fine e arrivino alla salvezza".
Da ciò consegue che l'autorità é da esercitarsi solo per amore e disinteressatamente, qualità che insieme alla carità devono essere nel ministro posto al governo della Chiesa una caratteristica.

Gli uffici gerarchici
  1. a) La legittimità di governo si manifesta nel crescere della Chiesa fin dall'inizio, secondo la volontà del Fondatore. Il problema dell'autorità, fin quando vissero gli apostoli, era risolto. Gli apostoli erano testimoni della sana dottrina ed essi stessi erano coscienti del loro incarico di governo della Chiesa, coscienza testimoniata dagli Atti degli Apostoli e dalle lettere apostoliche, sottolineando l'esistenza di diversi gradi nelle comunità (I Cor 12, 28ss; 14) e che essi stessi rivestivano un vero ufficio. b) Le stesse fonti mostrano che gli stessi apostoli mediante l'imposizione delle mani istituivano dei rappresentanti (cfr. At 14,23). Nelle nuove comunità, in forza dell'autorità investitagli dagli Apostoli gli incaricati erano detentori d'autorità. Essi erano in primo tempo rappresentanti degli apostoli alla morte dei quali firono essi i loro successori.
  2. a) Da Fil 1,1 si ricava che nelle comunità cristiane esisteva un ufficio ecclesiastico i cui detentori erano chiamati episcopi (sorveglianti). Il termine episcopo deriva da "scopeo" (guardare) ed "epi" (sopra). L'uso di questa parola era atto ad indicare persone incaricate di sorvegliare città sottomesse o colonie presso i gentili. Perciò presso la Chiesa della gentilità tale nome fu applicato ai responsabili di sorvegliare il comportamento dei credenti nelle comunità cristiane (Da Pietro al Papato, Fausto Salvoni, Ed Lanterna Genova, I, 1970). Originariamente questo ufficio, presso le comunità cristiane, equivaleva a quello dei presbiteri (= anziani) (cfr. At 20,17 con 20,28). Paolo non fondò nuove comunità solo su uomini dotati di particolari carismi, al contrario di altri. Dal N.T. non si può pretendere una esposizione completa del patrimonio di Fede e della differenza degli uffici. b) Nelle chiese più grandi c'erano anche gli anziani (presbiteri) riuniti in comunità che dapprima guidavano insieme la comunità e poi magari uno solo divenne il responsabile. Il termine episcopus (sorvegliante) coll'andare del tempo fu riservato ad uno solo e ciò lo si può dedurre anche da I Clemente (epistola) ove egli dice che al sacerdote supremo sottostanno gli altri sacerdoti e Leviti (episcopato Monarchico). In Atti é riportata la collaborazione autoritativa di Gerusalemme con gli Apostoli che comunque non perdevano la loro particolare autorità ufficiale. c) Comunque anche su questo punto ebbero inizio dei contrasti. Con molta facilità possiamo scoprire il formarsi dell'ufficio episcopale nell'Asia Minore. Dalle lettere di San Ireneo di Antiochia e da quelle di San Policarpo possiamo concludere che l'ufficio di "vescovo" e di "presbitero" erano già differenziati, per cui il nome di vescovo era riservato solo al capo della comunità, (episcopato monarchico), mentre quello di presbiteri ai suoi coadiutori. Quindi si è già definito un ordine gerarchico che procede dall'episcopato e va al presbiterato e diaconato. Il vescovo aveva il compito di guidare la vita della comunità. L'ufficio influente dei diaconi e più tardi quello delle diaconesse, ha origine nell'età apostolica (Atti 6,2ss). Dal 250 comincia il suddiaconato. Ancora più tardi hanno inizio ufici ecclesiatici rimasti corrispondenti agli attuali: lettorato e accolitato istituiti a Roma.
  3. a) Tanto maggiore era la carica interiore della vita spirituale tanto meno vi era necessità di imporre una forte autorità con la conseguente mancanza di necessità di precisazione della facoltà autoritaria della Chiesa; perciò si sa poco della capacità del potere legato agli uffici. b) Nell'autorità degli apostoli e poi dei loro vicari e successori é rappresentata la Chiesa. Nella predicazione di Gesù é chiaro il volere fondare una Chiesa. Il concetto di Chiesa è poco chiaro nei Vangeli , in San Paolo e APOS. nonostante i profondi insegnamenti. Il Cristianesimo é Chiesa perciò ogni azione liturgica e sacramentale deve essere sostenuta dalla Chiesa. Dalla successione apostolica dei vescovi è garantita la verità e perciò ai sacerdoti è dovuta l'obbedienza, quindi chi si allontana dagli apostoli si allontana dalla retta dottrina e dalla retta morale. Cipriano afferma: " Non può avere Dio per Padre colui che non ha la Chiesa per Madre".
  4. Per riguardo alla figura detentrice dell'ufficio episcopale furono poste norme sempre più precise. Il più stretto fu l'obbligo del celibato imposto un alla volta in dipendenza anche dei luoghi. Quasi tutti gli apostoli erano sposati e Paolo afferma che anche lui avrebbe la possibilità di avere una donna, ma preferisce lo stato verginale a quello di sposato per poter servire in modo indiviso il Signore e per tale stima invalse presto l'uso che vescovi e sacerdoti non si sposassero. Coloro che venivano chiamati al sacerdozio pur se sposati potevano comunque mantenere il loro stato. Poi dall'uso generale del clero di astenersi dal matrimonio cominciò, dal IV secolo, in Occidente, la legge del celibato per mezzo di decreti, di vari concili e disposizioni di Papi (vd. Concilio di Elvira).
  5. L'unità della Chiesa. Gesù aveva affermato che la sua Chiesa è il regno imminente di Dio, mentre Paolo l'aveva descritta come corpo mistico di cristo. I primi cristiani erano coscienti della loro unità, nell'unico corpo di Cristo. Celebrando l'eucaristia nella comunione, nella coscienza del possesso di un'unica fede, in un unico Signore, e, nella comunione col vescovo erano coscienti di tale unità. La coscienza di appartenenza ad un unico corpo mistico fu coltivata e rafforzata dai rapporti fra i singoli vescovi e le comunità. La coscienza di tale unità ebbe la sua manifesta espressione nelle assemblee dei vescovi (sinodi, concili), trattanti problemi di carattere generale, che dal 250 in poi si svolsero regolarmente, riunendo i vescovi delle rispettive province (sinodi provinciali). La crescente coscienza del primato della Chiesa di Roma portò tutte le altre ad uniformarsi ad essa, apportando un carattere di particolare unità delle varie chiese. Ancora maggiore fu la manifestazione di tale coscienza di unità con i concili generali (ecumenici). Si ebbe pure una attiva corrispondenza tra i vescovi. Quale importanza potessero avere queste lettere lo si può dedurre da quelle di Ignazio, Cipriano e dagli atti dei martiri e poi con quelle di Gerolamo, Agostino, Leone I. Mentre il vescovo di Alessandria inviava annualmente una lettera pasquale. La gerarchia conserva comunque ancora la sua semplicità tra il V e il VI sec., con l'ascesa dei nobili e dei signori, il diritto di voto della comunità fu limitato. Aumentò poi l'influenza dei metropoliti (capi delle Chiese Madri fondatrici) e degli imperatori, sia in Oriente che in Occidente, nella nomina diretta dei vescovi.
  1. a) Il primato romano. I successori di Pietro essendo vescovi di Roma manifestarono presto la coscienza di un primato della Chiesa romana. All'inizio non fu necessario imporre tale autorità ad altre chiese. Ma più tardi si ebbe qualche urto. Solo un po alla volta Roma riuscì ad imporsi. L'intervento della comunità romana nei disordini di Corinto e del vescovo romano nella controversia della Pasqua dimostrano già presente la coscienza di primato sito in essa. Pietro d'altronte è chiamato "princeps apostolorum" dal tempo di San Gerolamo. b) Vi furono forti tensioni fra Cipriano e Roma; la sua ecclesiologia gli faceva intendere che il primato di Pietro che egli accettava, non corrispondeva all'ufficio vescovile di Roma. Altre volte invece egli esalta l'autorità di Roma evidenziando idee non unitarie. S. Ignazio d'Antiochia scrive: " La Chiesa romana è la prima nella comunione della carità". S. Ireneo di Lione: "Ogni Chiesa, cioè la totalità dei fedeli d'ogni luogo, deve concordare con la Chiesa romana a causa della sua superiore autorità". c) Giuridicamente il primato della Chiesa di Roma va fissato solo dopo la liberazione della Chiesa, nell'epoca post-costantiniana. Nel sinodo di Sardica nel 343 fu esplicitamente riconosciuto il primato della Chiesa di Roma, essendo stata fondata da Pietro.
  • Ordinamento interno della Chiesa
  • Il carattere di servizio della gerarchia nella Chiesa
  • Gli uffici gerarchici
  • L'unità della Chiesa
  • Il primato romano
Bibbliografia:
  • J. Lortz, Storia della Chiesa, in prospettiva di storia delle idee; vol. 1, Ed. Paoline, 1987, Milano.
  • il già citato: Da Pietro al Papato, vd. testo.
*diritti riservati, vietata la copia non autorizzata.

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